Opera director
GIAN CARLO MENOTTI
Brescia (Italy) - June, 11th 2022
conductor: ALBERTO ZANARDI
director & set designer: LUCA BARACCHINI
costume designer: PASQUALE NAPOLITANO
ORCHESTRA BAZZINI CONSORT
Monica EVA CORBETTA
Madame Flora ALOISA AISEMBERG
Mrs Gobineau MARIA CRISTINA BELLANTUONO
Mrs Nolan BENEDETTA MAZZETTO
Mr Gobineau LODOVICO FILIPPO RAVIZZA
Toby JAN TONONI
📷 Umberto Favretto
A dicembre lo rivedremo al Teatro Grande: sua, infatti, sarà la regia della «Traviata», avendo vinto il concorso under35 indetto da Circuito Opera Lombardia. Intantolosguardo di Luca Baracchini sarà anche sulla Festa dell'Opera: domani alle 11 sul palco del Massimo cittadino (posti disponibili solo in platea) andrà in scena«The Medium» di Gian Carlo Menotti, opera novecentesca che prende avvio da una seduta spiritica.
I cantanti saranno accompagnati dal Bazzini Consort diretto dal maestro Alberto Zanardi elo spettacolo replicherà poi alle 15.30, sempre al Grande.
Baracchini, questa non è per lei la prima collaborazione con il Teatro Grande…
-Sono legato a questo luogo: ho lavorato come assistente alla regia diverse volte e sono stato regista in piccole esperienze durantele Feste dell'Opera. Brescia è una città in cui vivrei, sembra più veneziana che tipicamente lombarda.
Quanto c'è bisogno di una Festa dell'Opera oggigiorno?
-La trovo un'iniziativa virtuosa: va a prendere anche chi non si muove di casa, va nel vicinato. È difficile sfuggirle.
Dopo la «Fanciulla», un'altra opera novecentesca. Quali le peculiarità del periodo?
-Permette di uscire dal seminato dell'opera lirica e dalle convenzioni ottocentesche. Per un regista, trovarsi di fronte a qualcosa di teatralmente più articolato e più vicino al nostro sentire è stimolante. Nella «Medium», poi, non ci sono temi melodici e costruzioni ottocentesche. E musica fatta per il teatro. E noi là andremo a colpire: il progetto è un allestimento semplice, limitato per scelta, ma molto intenso dal punto di vista emotivo e recitativo.
Perché in inglese?
-Perché resta la lingua originale nonostante il libretto italiano, e a livello linguistico si tratta di una composizione novecentesca che guarda molto al teatro. C'è molta melodia. Si pone ametà fra un'estetica postpucciniana e la conservazione di numeri musicali non destrutturalizzati. Questa è un'operaparticolare, molto moderna anche per il soggetto, l'ambientazione...
Registicamente quali scelte ha fatto?
-Nonsvelerò troppo: non è come per il Rigoletto, che sappiamo tutti la fine di Gilda. Non voglio fare spoiler! È un'opera che si fonda sul mistero e su ciò che non si vede. Mal'aspetto centrale, la filigrana, è quella della maternità mancata e fallita.
Una maternità negata. È questo, secondo il regista Luca Baracchini, il fulcro della drammaturgia di The Medium, capolavoro di Gian Carlo Menotti applaudito sul palco del Teatro Grande di Brescia, nell’ambito della Festa dell’Opera. Un’idea che funziona e che giustifica il rapporto di amore/odio che Madame Flora, la protagonista, organizzatrice di false sedute spiritiche insieme alla figlia Monica, intrattiene con il mimo Toby, un ragazzo orfano e muto, di fatto il figlio che avrebbe voluto ma che non ha mai partorito. Tanto più che i defunti evocati dalla medium sono proprio bambini, che i poveri genitori credono di riascoltare e addirittura di vedere, sborsando ingenti somme di denaro. Toby ama Monica, che ha voce di soprano, ed entrambi aiutano la medium nella messinscena delle evocazioni dei morti, che Baracchini immagina in un teatro nel teatro, con tanto di palco, scenografia e di “casalinghi” effetti speciali. Un giorno, tuttavia, Flora avverte una mano sul collo e da quell’episodio comincia a perdere il controllo, fino ad ammettere di fronte ai clienti la propria truffa e ad iniziare una china pericolosa verso la pazzia, trascinano con sé anche la figlia Monica e l’incolpevole Toby. Pochi elementi scenici, un suggestivo gioco di luci e i bei costumi di Pasquale Napolitano concorrono alla riuscita dell’insieme, che si segnala per un apprezzabile ritmo narrativo.
C’è poi la musica di Menotti, che piace al pubblico per la sua spiccata vena melodica che prende consistenza in una scrittura scaltra, sapientissima, collocata a metà tra certa avanguardia del Novecento e una quieta tradizione di stampo verista e pucciniano. Non mancano una geniale capacità descrittiva, filtrata sovente attraverso la lente dell’ironia, e un meccanismo teatrale di fatto perfetto, sia per la scelta del soggetto, così ambiguo e stimolante, sia per il dipanarsi della vicenda, nel segno di una encomiabile sintesi.
Le notevoli qualità della partitura sono state messe in luce dalla direzione del giovane Alberto Zanardi, molto bravo sia nell’accompagnare i cantanti che nel ricreare le atmosfere ora misteriose, ora incantate, ora tormentate, che caratterizzano la vicenda. Una scrittura camaleontica, quella di Menotti, capace di illustrare le esigenze drammatiche di ciascuna situazione facendo leva sui contrasti timbrici e armonici, ricorrendo anche all’onomatopea, esibendo una amplissima gamma di citazioni più o meno esplicite da altri autori o semplicemente da diversi stili. Il rischio, per il direttore, è di perdere la coesione drammatica e di conseguenza la tensione che deve necessariamente animare un’esecuzione. Rischio scampato per Zanardi, che non solo evidenzia con incisività le asperità e le dolcezze della partitura, ma mantiene saldo il senso complessivo del dramma, con passo teatrale incalzante e un bel gioco agogico e dinamico. In questo, ben assecondato dai giovani strumentisti del Bazzini Consort, pregevole realtà musicale bresciana.
Nel complesso all’altezza del compito tutti gli interpreti, a cominciare da Aloisa Aisenberg, una Flora tanto scenicamente allucinata quanto vocalmente efficace. Eva Corbetta, se sconta una certa qual rigidità nella recitazione, è invece musicalmente perfetta nei panni di una Monica dal timbro chiaro e luminoso. Ottimi i clienti della medium: Maria Cristina Bellantuono e Lodovico Filippo Ravizza (Mrs. e Mr. Gabineau) e soprattutto Benedetta Mazzetto (Mrs. Nolan). Molto bravo Jan Tononi nei panni del povero Toby, anche per una nota di scanzonata poesia che ha messo nella sua recitazione. Se un’osservazione si deve fare, riguarda l’inglese perfettibile di alcuni dei cantanti. Vivo successo di pubblico.
FABIO LAROVERE
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